La Dea

La ricerca degli "archetipi femminili"

La Dea

   L’Era dell’Acquario, in cui stiamo entrando, ha un’influenza molto decisiva su quella che potremmo definire “la ricerca del femminile” o “archetipi femminili”. Di conseguenza, mentre il modello di una società patriarcale è in profonda crisi, “la Dea” ha iniziato a riconquistare il suo antico status. Non si tratta solo di parificare i valori, i diritti e la posizione sociale di entrambi i sessi, ma anche di un profondo cambiamento culturale e spirituale in cui gli aspetti femminili dell’anima (essenziali in ogni processo di auto-realizzazione) iniziano a essere considerati per il valore che meritano.

   Non si tratta, ovviamente, di imporre “il femminile” al “maschile”, ma piuttosto della sintesi essenziale di entrambi.

   Non è facile delimitare e definire ciò che racchiude l’immagine della “Dea”. Se dovessimo sintetizzarlo in poche parole, diremmo che la Dea incarna tutti i processi della natura: creazione, fertilità, maternità, sessualità… ma anche aspetti che vanno oltre, aspetti archetipici associati alla nostra stessa mente e, allo stesso modo, anche alla nostra psiche (l’anima).

 

Isis

    

   La prima cosa di cui ci rendiamo conto è che la manifestazione della Dea comprende forme e stati molto diversi. Non è possibile racchiuderla negli stereotipi associati a ciò che viene solitamente definita “femminilità”, perché è qualcosa di molto più complesso: include aspetti come la nascita (vita), la sussistenza e la distruzione (morte).

   In questo senso, la Dea racchiude tutti gli opposti, compreso il maschile e il femminile, ciò che dà la vita e ciò che la toglie.

   Nella mitologia greca, l’archetipo della Grande Madre, come personificazione della Madre Terra, era rappresentato da Gea o Gaia (Terra), la prima creazione cosmica dopo il Caos iniziale (quella cosa indefinibile che esisteva prima di tutto e paragonabile alla grande oscurità informe).

   “Prima di ogni cosa c’era il Caos”, scrive Esiodo nella sua Teogonia, “e poi Gaia dall’ampio seno, la sede sempre solida di tutti gli immortali che abitano le vette del nevoso Olimpo e dell’oscuro Tartaro…”

   In questo senso, sembra evidente che Gaia si riferisca alla prima emanazione del Non Manifestato (Caos) o, in altre parole, alla sua prima manifestazione come materia cosmica che, in seguito, darà origine ai cieli (Urano) e alle acque (Ponto).

   Pertanto, nel suo aspetto più elevato, Gaia è vista come la matrice di tutti gli esseri viventi (inclusi i cieli, gli dei dell’Olimpo e le acque). Nei loro aspetti più densi sono i corpi della Terra. Ci riferiamo a “corpi”, poiché la Terra, come gli esseri umani, ha sette corpi o involucri.

   Gaia fu in seguito sostituita da sua figlia Rea, a volte chiamata anche Cibele, una dea Frigia che era venerata a Roma come Magna Mater, la “Grande Madre”, e identificata con Cerere, la dea romana dell’agricoltura, corrispondente alla greca Demetra (Demetra e sua figlia Persefone erano personaggi centrali nei misteri eleusini).

    La Dea e il suo culto hanno avuto molti nomi, sebbene sia sempre la stessa essenza, la quale include sia ciò che possiamo chiamare materia fisica densa, sia materia dell’anima. Il culto della Dea Madre, almeno nel suo aspetto gnostico e più luminoso, è giunto a noi in particolare attraverso la dea egizia Iside.

   Ce ne parla nei suoi scritti H. P. Blavatsky:

   In quanto dea del mistero, è generalmente raffigurata con il volto coperto da un velo impenetrabile, e sul frontespizio del suo tempio a Sais erano scritte le seguenti parole: “Io sono tutto ciò che è stato, è e sarà, e nessun mortale ha mai rimosso il velo che nasconde la mia divinità agli occhi umani. (H. P. Blavatsky, Glossario teosofico)

   L’immagine di Iside come madre che allatta il suo bambino è stata adottata dal Cristianesimo, sotto le numerose rappresentazioni della Vergine del Latte (versione cristiana di Iside che allatta Horus), e della Vergine Maria con Gesù in braccio. Ma sebbene l’immagine della Dea sia sopravvissuta nascosta nelle tradizioni esoteriche, la società (almeno nel cosiddetto primo mondo) finì per strutturarsi sulla base di una netta predominanza del razionalismo maschile, in opposizione al suo contrappunto femminile. Il risultato evidente è una società carente, in buona parte, di valori affettivi e, in particolare, del riconoscimento del nostro habitat, la Terra, e di tutto ciò che compone l’ambito terrestre come sacro.

   Oggi, pochi sono in grado di percepire la Terra come la “Dea Madre”, come un insieme organico legato al Logos Solare, un’unità sacra e vivente che ci dà la vita e di cui abbiamo bisogno per continuare a vivere.

   Il carattere sacro di Madre Terra è andato perduto e, sicuramente oggi più che mai, è necessario recuperarlo. Viviamo in un’epoca in cui la Natura è stata completamente profanata, dove la Terra non è percepita come un essere vivente, ma come qualcosa che può essere sfruttato senza alcuna considerazione, a beneficio, quasi sempre, di pochi. Non è un caso, quindi, che l’inquinamento delle acque, della terra e dell’aria abbia raggiunto oggi un punto critico che rischia di diventare una vera e propria catastrofe per tutti noi che condividiamo il pianeta azzurro.

   Approfondendo il mito della dea, forse possiamo capire quali aspetti spirituali pulsano al suo interno, oltre a prendere coscienza di come tali aspetti spirituali siano andati persi a favore di un dio maschile che, lungi dall’armonizzarsi con la Natura, ha scelto di tentare di sottometterla e, a lungo andare, ha portato all’opposizione tra spirito e materia. Tale opposizione ha dato origine alla convinzione che il mondo spirituale e il mondo fisico siano totalmente separati, portandoci a presumere che appartengano a realtà diverse e opposte. Tuttavia, nonostante il fatto che la dottrina del dualismo abbia segnato profondamente sia l’anima umana sia il modo di avvicinarci al sacro, possiamo dire che spirito e materia non sono in guerra. Nemmeno lo spirito e la carne, poiché il divino si trova nell’umano, così come in qualsiasi luogo o oggetto che possiamo abbracciare con il nostro sguardo. Non c’è niente, né potrà mai esserci, che non sia divino. Tuttavia, quante volte cerchiamo di separare “ciò che è in alto” e “ciò che è in basso”, ciò che è terrestre e ciò che è celeste, supponendo che “ciò che è in alto” o celeste sia buono e “ciò che è in basso” o terrestre, sia contaminato dal “peccato”. Tale modo di affrontare la vita risponde solo alla nostra visione dualistica, a una mancanza di consapevolezza dell’Unità onnicomprensiva. Naturalmente, nel processo che chiamiamo spirituale, prima o poi il candidato si trova di fronte a tale dicotomia. Sfortunatamente, sono pochi quelli che, dopo aver affrontato l’apparente dualità tra il corpo e lo spirito, riescono a rompere questo tabù e osano vivere pienamente nel corpo, consapevoli che il corpo è solo un aspetto (senza dubbio il più denso e quindi il più oscuro) della realtà luminosa del vero Essere.

 

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Informazioni sull'articolo

Data: Luglio 2, 2020
Autore / Autrice : Jesús Zatón (Spain)

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