Il mondo interiore si manifesta all’esterno – Parte 1

Gunter Friedrich (LOGON) intervista l'antroposofo e scrittore Hans-Christian Zehnter (Dornach, Svizzera). Il trascendente cerca abiti diversi per poter apparire. Ogni fenomeno sensoriale è un tale abito. Qualche volta, tuttavia, ci sono anche immagini o gesti interiori.

Il mondo interiore si manifesta all’esterno – Parte 1

G.F. Il tema di questo nuovo numero cartaceo di LOGON (in lingua tedesca) è: I volti di Dio. Quando si parla di volti di Dio, si intende anche un incontro. Se si incontra un volto, lo si vede e si è visti da esso.

H.C.Z. Nel contesto di questa intervista, per “volto” intendo un’esperienza. L’esperienza di essere guardati. Se sei guardato da una persona, cadi nell’incantesimo dello sguardo, nell’incanto di ciò che può trascendere se stesso dall’altro. Un altro essere ti penetra letteralmente. Sei completamente assorbito dalla sua presenza, e dopo non sai nemmeno di che colore erano i suoi occhi. Può anche darsi che non si riesca a resistere allo “sguardo” dell’altro… Insomma, l’esperienza del volto, dell’essere guardati è, da un punto di vista animico-spirituale, quella in cui un altro essere abita in me, così che io passo dalla mia realtà isolata e individuale a una realtà del tu. Vado oltre me stesso, quindi trascendo. Proprio come anche l’altro essere in questo momento va oltre se stesso: sta guardando me. Due sguardi si incontrano. La separazione tra soggetto e oggetto è abolita. In tali esperienze i due esseri sono uniti, spiritualmente e mentalmente. Ci vuole coraggio, forza e pratica per rimanere svegli in questo momento, per sopportarlo: questa è letteralmente una presenza spirituale.

G.F. Il processo di entrare in me stesso può avvenire dall’interno o dall’esterno.

H.C.Z. Ci sono momenti interiori, meditativi, in cui qualcosa mi entra: può essere un’immagine (come una Madonna), una parola (“biancospino”), ma può anche essere un impulso di volontà (es. voler scrivere qualcosa). Ma anche ogni incontro esterno sensoriale è in definitiva la possibilità di un tale incontro meditativo.

Fondamentalmente puoi notare tre diversi modi di vivere un’esperienza interiore: Ci sono momenti in cui ti accorgi che qualcosa ti sta guidando. Qualcosa vuole evolversi in te, ma non puoi ancora coglierlo. Qualcosa si sta sviluppando, cresce. Un’altra situazione è che puoi essere toccato emotivamente. Un pensiero ti riempie, la magia di una melodia, l’atmosfera di un paesaggio o un’opera d’arte. E infine ci sono situazioni in cui qualcosa ti parla in modo diretto, “ti prende”, ti tocca, ti guarda, e d’ora in poi la tua vita cambierà. Tre modi di vivere, se vuoi anche di vedere, che conosciamo in forma simile negli incontri con il mondo vegetale, con il mondo animale o con le persone.

G.F. Hai avuto esperienze in cui puoi parlare di incontri con i volti di Dio?

H.C.Z. Intendo qui il termine “Dio” come sinonimo di “divino” o “spirituale”, “trascendente”. Ho capito bene?

G.F. Sì.

H.C.Z. Rispondere a questo è sempre un po’ complicato per me. Da un lato può essere interpretato come immodesto se dici semplicemente: “Sì, certo che ho avuto esperienze del genere”. Dall’altro ci sono anche livelli di incontri molto diversi. E infine con questa domanda mi accorgo che ho un obbligo verso il mondo spirituale. Se dico “no” – per pudore – sento subito una contraddizione dentro di me: “Ti abbiamo contattato tante volte, e ora dici una cosa del genere”. Se dico “sì”, sorge in me un’altra voce: “Attento all”impostura, sforzati di essere autentico ed esatto nella descrizione, in modo di non dire qualcosa di superficiale, che non corrisponde a questo incontro interiore e quindi lo mette anche in pericolo”. Queste domande possono anche facilmente distrarci dal fatto che, dopo tutto, abbiamo incontri spirituali in ogni momento nella nostra realtà sensoriale. Non solo ogni essere umano è un essere spirituale, ma anche tutto ciò che ci circonda è di natura spirituale!

Cercherò quindi di rispondere in questo modo: il trascendente cerca abiti diversi per poter apparire. Come ho detto, ogni aspetto sensoriale è già un tale abito. A volte, però, ci sono anche immagini o gesti interiori. Si possono sperimentare esseri simili a Troll nelle montagne della Norvegia, qualcosa come “giganti” nelle montagne della Foresta Nera e qualcosa come “la sede di Dio” nelle montagne alpine dell’Oberland bernese. Le esperienze sono spesso di natura lunatica o atmosferica (secondo Gernot Böhme [1]), e a un’ulteriore riflessione si condensano in un discorso chiaro: “Questa leggerezza, questa luce, intessuta di attento silenzio sotto le chiome degli alberi, nel terreno di un verde bosco di larici, ha un’atmosfera fiabesca”. A volte ci sono solo momenti fugaci, ma distinti, a cui sai di doverti aggrappare, su cui riflettere; ci sono anche impressioni musicali o verbali di altre esperienze sensoriali: olfattive, per esempio (pensa alla Gretchen di Goethe che sente l’odore di Mefisto nella sua camera), o ti accorgi che stai prendendo freddo, forse inizi a sentirti debole. Oppure ti senti improvvisamente molto più sicuro, più grande del solito… e così via. 

G.F. Si può dire che le esperienze del soprannaturale possono svolgersi su diversi livelli.

H.C.Z. Si possono distinguere (con Rudolf Steiner) diversi livelli di tali incontri: immaginazione, ispirazione e intuizione. L’immaginazione è un’esperienza pittorica, di per sé ancora priva di significato in termini di contenuto. L’ispirazione è un’esperienza (vicina all’udito) – si dice di aver avuto una sorta di ispirazione. Qui, all’esperienza pittorica si unisce un significato, un senso. E nella terza fase, l’identificazione con l’altro essere è così avanzata che uno può sentirsi come l’altro.

G.F. Esiste un sé umano che è anche divino?

Assolutamente sì. Lo sperimentiamo quando realizziamo il nostro “sé” o “io”. Allora sperimentiamo qualcosa che ci dà sempre l’identificazione che ci fa dire “io”. Posso dire “io” solo a me stesso. È interessante notare che anche l’altra persona dice “io” a se stessa. Così mi sento tutt’uno con l’essere che anche nell’altro dice a se stesso “io”. Il nostro ego è un’intuizione profondamente pervasiva di quell’essere che nella Bibbia si descrive come “Io sono Colui che Sono”.

Tutto ciò che avviene nel regno dell’immaginazione e dell’ispirazione è un’immagine o una formazione di parole di qualcosa che si manifesta in essa. Non è ancora “la cosa” in sé. Immaginazioni e ispirazioni rimandano ancora a qualcosa che in realtà non è più immaginabile di per sé. Le intuizioni sono pure esperienze che allo stesso tempo hanno un carattere cognitivo: io sono e mi riconosco come un essere umano dotato o accettato da un essere-io, e in questo momento sono questo essere quindi me stesso: un momento superiore di autocoscienza.

In definitiva, è questo essere spirituale in noi che ci rende possibile riconoscere lo spirituale negli altri esseri naturali che ci circondano. Solo ciò che è spirituale può riconoscere lo spirituale.

(Continua in parte 2)

 


[1] Gernot Böhme, The Aesthetics of Atmospheres, (L’estetica delle atmosfere), 2018

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Informazioni sull'articolo

Data: Luglio 29, 2021
Autore / Autrice : Gunter Friedrich (Germany)
Photo: giselaatje auf Pixabay CCO

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